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Serie A – Cremonese, Alvini: “La A una tappa, non un traguardo”

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Il nuovo allenatore della Cremonese Alvini, alla prima esperienza in Serie A, si è raccontato in un'intervista a La Gazzetta dello Sport

Redazione NC

Intervistato da La Gazzetta dello Sport il nuovo allenatore della CremoneseAlvini ha parlato del suo arrivo in Serie A: «Una grande felicità, ma anche una responsabilità importante. La pressione mi fa stare bene, la ricerco nel mio percorso. La Serie A non è un traguardo, ma una tappa. Io lavoravo nel mondo della moda e lì ogni brand ha il suo stile. Ecco, mi piace che la squadra rispecchi il mio stile: un calcio aggressivo in cui si riconquisti subito la palla non per gestirla, ma per andare in gol il più velocemente possibile. Un calcio in cui si riesca a dominare in entrambe le fasi. Non ho un modulo di riferimento, mi adatto sempre alle caratteristiche tecniche, tattiche, fisiche e psicologiche dei miei giocatori. Il mio è un lavoro quotidiano, a me piace determinare sul campo, negli allenamenti. Nella moda servono coerenza, trasparenza e professionalità: nel calcio anche».

Come giocherà la sua Cremonese? «Limitando il gesto tecnico del campione e imponendo le nostre idee: pressione, recupero palla, sviluppo in verticale. L’organizzazione è importante, ma la differenza in A la fanno le qualità individuali. Studieremo come ridurre il gap tecnico, sapendo che l’obiettivo è la salvezza. Ma quando vedo la mia squadra che lascia giocare gli avversari, io scapperei dalla panchina. Sarà fondamentale il ritiro, che abbiamo la fortuna di fare inizialmente nel nostro bellissimo centro sportivo realizzato dal cavalier Giovanni Arvedi. Voglio vedere i giocatori arrivare all’allenamento con il piacere e il gusto di divertirsi e di sacrificarsi. Intensità, fatica, amore e passione: tutto questo non deve mancare. Chi non li ha, è un giocatore mediocre. E a me non piacciono i giocatori mediocri».

Chiosa finale sulla preparazione delle partite: «E' la cosa che più amo, per la quale vivo. Io mi diverto proprio ad allenare. E non ho mai immaginato un traguardo da raggiungere, ma un viaggio da fare. Un viaggio che è ancora lungo. Non ho un modello, ho avuto la fortuna di seguire molti allenamenti di Sarri quando era a Empoli. Quando giocavo, invece, amavo follemente Mancini per il genio e la sregolatezza. Io ero un terzino sinistro: spingevo, spingevo».